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Dedicato a chi non c'é
di Fabiola Naldi

Quando il tempo sembra scorrere troppo velocemente oppure quando ciò che viviamo è così intenso da volerlo trattenere, ci soccorre la fotografia e quella sua magica possibilità di fermare l’istante. Dal giorno della sua invenzione scientifica l’obiettivo fotografico ha realizzato l’incredibile opportunità di fissare l’immagine di un tempo concluso: ricordi, emozioni o più semplicemente luoghi che mai più vedremo, rimangono sul supporto fotografico a testimonianza che noi c’eravamo.
L’occhio vede, la memoria trattiene e la macchina fotografica registra. La riproduzione bidimensionale è il risultato di un insieme di momenti spazio temporali di cui lo scatto fotografico è il principale traduttore.
Ogni fotografia rubata alla realtà è, trasversalmente, un frammento di un diario privato e un appunto di vita che l’obiettivo tramuta in immagine alternativa al reale vissuto. Il concetto di annotazioni da viaggio (anche quando si tratta di un percorso fantastico e intimistico) è forse alla base dell’essenza fotografica, quasi a dire che, comunque si usi l’istante e la sua successiva immagine, rimane la scheggia del desiderio di un possibile arresto temporale da condividere con se stessi o con altri.
Quando poi la tecnologia del “qui ed ora” di Internet e della posta elettronica giungono a restringere il tempo di posa della condivisione di tale diario fotografico, l’insieme prodotto può divenire anche operazione artistica.
Stefano Cagol già da diverso tempo lavora sulle infinite possibilità che l’immagine fotografica ha in sé. Le visioni prelevate dalla realtà vivono proprio di questo potere interno al mezzo utilizzato, sospendendo l’attimo dello scatto in sovrapposizioni tecniche, in alliterazioni digitali o in interruzioni visive di spazi pieni e spazi vuoti.
Y2Ktwo Miami Beach Diary Project è il risultato di un percorso artistico iniziato molto tempo fa e il secondo appuntamento di Y(II)KONE Diary Project. In quella occasione l’artista inviava via mail, ogni due giorni, pensieri tradotti sotto forma di appunti di viaggio e frammenti di vita vissuta convertiti in immagini fotografiche incontrati durante una lunga permanenza a New York nella primavera del 2001.
La realtà vissuta si incrociava con la fantasia dell’artista e allo stesso tempo si tramutava in alibi perfetto per dare vita a un nuovo percorso creativo. Il work in progress visivo prodotto da quella esperienza è ora al suo secondo episodio: un’ulteriore possibilità data dalla presenza di Stefano Cagol alla Art Basel|Miami Beach 2002 con la Galleria Artcore di Toronto. Il primo diario di viaggio è ora un secondo taccuino digitale nel quale annotare l’esperienza quotidiana in occasione di questo viaggio artistico.
Stefano Cagol sarà con chiunque vorrà rendersi partecipe del progetto, attraverso la pubblicazione di fotografie, video e testi, sul link y2ktwo.com. I cinque giorni trascorsi a Miami daranno all’artista l’opportunità di creare un contatto virtuale fra coloro che ci saranno, ma che non guarderanno con attenzione, e fra tutti quelli che non potranno esserci ma che diverranno virtualmente i “voyeur” dell’operazione.
Gli spazi della fiera, la mondanità conseguente a un evento di tale portata e le spiagge assolate e seducenti della Florida saranno condivise tanto dall’artista quanto dal visitatore di un evento che avrà il senso dell’azione allargata dalla potenzialità dei media utilizzati.
L’aspetto “privato” e intimo del diario di viaggio è così scavalcato dal concetto di condivisione che in parte risiede anche nel lavoro di Stefano Cagol: l’artista avverte l’esigenza di entrare nel reale di cui fa continua esperienza per sovvertirne i valori interni. Pensare la fotografia e l’artista come i testimoni di una precisa presenza qualifica non solo il senso interno al mezzo prescelto, ma anche l’intenzione con cui il processo si svolge, amplificando l’affermazione che “l’essere in faccia alle cose” indica una totale immersione nel mondo reale e la possibilità di autenticare anche l’immagine meno realistica.
In questa posizione morbida e transitoria troviamo la fotografia e più nello specifico le immagini fotografiche di Stefano Cagol che, con la rapidità delle sua azioni, influenza il rapporto fra l’effetto estetico dell’immagine e il tempo reale a cui si riferisce.
In questo secondo progetto incontriamo uno dei punti fermi dell’intenzionalità dell’artista: l’efficacia della coesistenza. Il tempo di queste schegge fotografiche è una somma di tempi ripetuti, diversi ma implicati l’uno nell’altro, un passato e un presente prolungati e impossibili da isolare.
La transitorietà accelerata dell’utilizzo di internet permette poi la totale abolizione di un tempo preciso. Stefano Cagol (così come i suoi visitatori virtuali) è al tempo stesso l’operatore e lo spettatore di uno spettacolo privo di indicazioni spazio temporali, di frontiere nazionali e di barriere culturali.
Ora siamo tutti spettatori del mondo, le fotografie hanno imprigionato la realtà, immobilizzandola in una nuova rete che è Internet e se è vero l’affermazione che non si può possedere la realtà almeno si possono possedere le immagini o esserne posseduti (Susan Sontag).

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